TERAMO – Varca le porte della Corte d’assise, ma soltanto per necessità logistiche, il processo sull’acquifero del Gran Sasso, per essere subito rinviato dopo la richiesta di esere parte civile nel procedimento depositata da 14 tra enti ed Associazioni. La necessità di spostare il dibattimento dall’aula Aldo Moro del giudice monocratico a due piani più sopra del tribunale, in quella che normalmente ospita le giurie togata e popolare, l’aula Falcone e Borsellino, è stata dettata dai numeri dei presenti: oltre una trentina gli avvocati, tra difese e parti civili, tre i pubblici ministeri, quelli del pool reati ambientali (Stefano Giovagnoni, Greta Aloisi e Davide Rosati), personale di cancelleria, giornalisti e spettatori. Ma c’è stato il tempo necessario per il consueto e previsto deposito delle richiesta di ammissione alla costituzione di parte civile di 14 tra enti e associazioni, prima che il giudice monocratico Lorenzo Prudenzano fissassse un mini calendario delle prossime udienze, al 7 e al 21 ottobre. Nella prossima data, il giudice si esprimerà sulla richiesta avanzata dai legali di Wwf, Legambiente, Club Alpino Italiano, Cittadinanzattiva, Ministero dell’Ambiente, Parco del Gran Sasso Monti della Laga, Regione Abruzzo, Comuni di Teramo e Isola del Gran Sasso, Provincia di Teramo, Adusbef consumatori, Amministrazione separata di Casale San Nicola, Gadit guardie ambientali sezione provinciale di Teramo e l’Associazione nazionale protezione degli animali. A Prudenzano spetterà il compito di verificare chi di queste, quali enti giuridici intanto, possano dimostrare di avere ricevuto un danno morale da quanto accaduto tra l’8 e il 9 maggio 2017, con l’allarme sversamento – poi non confermato – che portò al divieto di consumo di acqua per quasi due giorni per il territorio della provincia di Teramo.
Sul piano giuridico si tratterà in ogni caso di una primissima pronuncia, che immaginiamo si presterà anche al vaglio di ulteriori gradi di giudizio, perchè per la prima volta viene ‘collaudata’ la nuova normativa ambientale che prevede, come in questo caso, la contestazione del ‘pericolo’ di commissione di un reato. La Procura, in questo processo con rito immediato, muove nei confronti dei 10 indagati tra amministratori e manager di Strada dei Parchi, Ruzzo Reti e Istituto di Fisica Nucleare, l’accusa di "aver cagionato o comunque non impedito… un permanente pericolo di inquinamento ambientale e, segnatamente, il pericolo di compromissione o deterioramento significativo e misurabile delle acque sotterranee del massiccio del Gran Sasso". In sè per sè si tratta di reati contravvenzionabili, nemmeno delitti, come parte delle difese hanno tenuto a sottolineare, ma è pur sempre il primo grande processo al sistema da decenni sotto accusa, che di volta in volta, come accaduto già anni addietro per l’esperimento Borexino, mette a repentaglio quantomeno la certezza che l’acqua che sgorga dal Gran Sasso e che disseta decine di migliaia di persone, possa essere pulita e potabile.
Il processo e le contestazioni sono state per questo anticipate da una grande mole di lavoro svolto dai magistrati del pool coordinati dal procuratore Antonio Guerriero. Che alla luce dei risultati delle consulenze dei periti hanno informato ‘urbi et orbi’ le istituzioni sul rischio potenziale e grave incombente, con esplicita richiesta di provvedere ad applicare una soluzione. Una soluzione che costa ed è complessa, che dovrà esser gestita da un commissario con sufficienti risorse. Nomina, risorse e lavori sono ancora lungi dal venire, nonostante siano trascorsi due anni dall’ultimo allarme che gettà nel panico tutta la provincia di Teramo, parte dell’Aquila e anche del Pescarese.
Nelle carte ci sono tutto quanto hanno denunciato da tempo le associazioni ambientaliste, riunite in un Osservatorio indipendente, che svole ruolo di puntello, martello e coscienza attiva su quanto si fa e soprattutto non si fa sulla questione. Ancora ieri mattina, gli ambientalisti raggruppati dal Wwf, dal Cai, da Legambiente, Cittadinanzattiva e dal Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua, erano dinanzi al tribunale per manifestare la loro presenza, con striscioni a difesa del bene più prezioso e per chiedere finalmente chiarezza e giustizia.